Questa è la storia di un adolescente come tante, una storia di vita .
Una ragazza in crescita immersa in una società dove i modelli di cui si fa riferimento sono quelli “perfetti” che i media ci bombardano a vedere.
Bambole di pezza .
E se per caso qualcuno, di chi ti sta intorno, decide di giudicarti perchè non rispecchi in pieno quel canone che la società ha deciso, allora sei un ottimo bersaglio su cui il gruppetto di compagni di scuola può “giocare” e “bullizzare”.
Ma qui si parla di una ragazza nel pieno della sua crescita e del suo corpo..e per un semplice “gioco” da ragazzi tutto puo’ essere perso.
Anche una vita .
Una sera, una mia allieva (di cui non posso dire il nome per privacy) venne a scuola dicendomi che mi avrebbe spedito un email, un suo racconto .. che avrei potuto pubblicare, perchè voleva incoraggiare altre ragazze!
Ecco come la Pole Dance puo’ salvare una vita !
Il suo racconto :
Partiamo da un presupposto: la mia generazione, la nostra contemporaneità, è ingiusta.
Ingiusta perché le ragazze crescono con falsi miti, con miscredenze riguardo il proprio corpo, si circondano di modelli che difficilmente possono imitare e hanno come riferimento quella perfezione corporea che è tanto decantata da giornali, televisioni e compagni.
Io non ero mai stata una bambina “magra”.
O meglio, fino ai cinque anni la mia fisicità mi piaceva.
Avevo lunghe gambe longilinee, un po’ di pancetta ,forse, ma un fisico bello e sano.
Dai sei anni in poi, con l’inizio delle elementari, iniziai a ingrassare.
Non ricordo come avvenne, non ricordo perché avvenne, neanche ci facevo caso.
Ma già dalla terza elementare arrivarono le prime avvisaglie di quello che sarebbe successo in seguito.
Se fino a prima non facevo caso al mio corpo, furono gli altri a iniziare a farci caso, prendendomi in giro, additandomi come diversa perché leggermente in sovrappeso.
Fu così per molto tempo, fino alla seconda liceo, ero una ragazza in carne sì, ma felice e non me ne importava particolarmente.
Poi qualcosa cambiò.
Cambiò perché mi accorsi di come questo mio essere leggermente sovrappeso non mi facesse essere apprezzata pienamente dalle persone che avevo intorno.
E ci soffrivo, silenziosamente ma intensamente soffrivo di questa mia condizione che percepivo come una condizione di diversità, quasi di emarginazione.
Come se tutti potessero avere una possibilità di riuscita nella vita, cercavo disperatamente quello che altri chiamavano “amore” e che io non avevo mai provato.
Non ero mai stata apprezzata da nessuno, io stessa non mi apprezzavo, non mi accettavo.
Quindi mi misi a dieta. Terza liceo, iniziai a poco a poco, e in modo sano, a dimagrire.
Ero felice, finalmente mi sentivo diversa, mi sentivo magra ed era veramente una grande felicità, illusoria ovviamente, ma questo l’avrei capito solo in seguito.
Fino a che qualcosa non sfuggì al mio controllo: la mia mente.
Questa voglia incessante di essere sempre più magra, sempre più perfetta, di sentirmi potente perché stavo riuscendo a controllare il mio corpo, si trasformò presto in un inganno.
La mia testa mi stava ingannando, il cibo iniziava a essere rifiutato, razionato fino a che non rimaneva che una briciola di quello che avrei dovuto mangiare.
Io, che di costituzione ho le ossa grossa e sporgenti, che di costituzione ho un fisico che certamente non vuole nascondere le bellissime forme femminili, mi stavo trasformano in ossa.
Tutti se ne accorgevano, di questo repentino e spaventoso cambiamento, tutti tranne me.
Quando mi dicevano che stavo dimagrendo troppo scoppiavo semplicemente a ridere, inconscia della totale perdita di razionalità riguardo quella parte della mia vita.
Arrivai a perdere 5 kg in un mese, arrivai praticamente a essere sottopeso.
E non me ne accorgevo, non me ne rendevo conto, pensavo di star bene e di essere sana.
Passò l’estate e arrivò settembre.
Da tempo ormai guardavo i video di pole dance su youtube, mi piaceva da morire quello sport.
Ed ecco che un giorno, per caso, aprì una foto su Instagram di un giornale che diceva che a breve sarebbe stata aperta una scuola di Pole nella mia città.
Quella casualità che mi aiutò ad arrivare alla scuola la penserò per sempre come il simbolo di qualcosa che mi avrebbe salvato la vita.
Doveva semplicemente succedere.
Così cominciai la pole. Ho ancora i primi video delle prime lezioni, del mio corpo troppo magro e troppo poco forte per poter affrontare le lezioni.
Ma io volevo riuscire, volevo sviluppare la forza che mi avrebbe permesso di fare quello che vedevo fare ad altre.
Cominciai piano piano a mangiare un po’ di più, se pur con paura.
E piano piano vedevo come quel cibo si trasformava in forza, come quelle razioni che mi ero tanto obbligata a non mangiare mi facevano ottenere sempre più i risultati sperati.
Così ogni volta che andavo a pole mangiavo, mangiavo con gusto e non avevo brutti pensieri, solo felicità, solo coscienza dei traguardi che stavo piano piano raggiungendo.
La pole mi ha salvato la vita, se non l’avessi iniziata chissà dove sarei ora.
Dedicarsi a uno sport come questo significa avere sempre obiettivi, significa provare soddisfazione, significa vedere il proprio corpo cambiare e diventare sano, forte, ben fatto.
C’è voluto tanto per uscirne e ancora oggi qualche blocco mentale e qualche pensiero di troppo ammetto che son rimasti. Ma uscire da questo baratro è possibile ed è meraviglioso godere di ogni singolo momento senza essere sopraffate da noi stesse.
Abbiamo tutti la possibilità di andare avanti con la nostra vita e trasformarla in qualcosa per cui vale la pena esser felici.
Oggi come insegnate e proprietaria della Art&Pole spero che con l’apertura della Scuola, in una cittadina come Arezzo, di aver buttato giù delle barriere fatte di pregiudizio e preconcetti .
Oggi mi sento come di aver costruito qualcosa che ha davvero in un grande valore.
Grazie di cuore per la tua bellissima esperienza che porterò sempre nel cuore!
Sara Brilli
#PoleDancerOnTheRoad
Se anche voi avete una storia da raccontarmi scrivetemi a sarabrillipole@gmail.com